Il Canada. Lo sciroppo d’acero ma anche proprio l’acero. L’hockey su ghiaccio e gli spazi sconfinati. E tante altre belle cose, incluso un primo ministro carino anche se un filino in difficoltà.

Lo sciroppo d’acero

Ma com’è la politica canadese? Interessante e con qualche originalità. Una, su tutte. I partiti federali (quelli che si presentano per le elezioni per il Parlamento nazionale) non si presentano alle elezioni statali (quelle per i parlamenti degli Stati). Sarebbe come dire che in Italia il Partito Democratico o la Lega fossero solo partiti nazionali. E che a livello regionale ci fossero soggetti politici diversi. In alcuni casi simili e sovrapponibili a quelli nazionali. In altri assolutamente no.

Hockey su pista
Un modello figlio di una struttura federale (ma non dimentichiamoci che la riforma della Costituzione italiana del 2001 ha creato un sistema con notevoli somiglianze a quello canadese in termini di conferimento di competenze a livello territoriale) ma anche figlio delle evoluzioni partitiche. Evoluzioni parecchio dure e aspre, con tracolli partitici che hanno lasciato dei vuoti a livello nazionale, come quando nel 1993 il Partito Progressista Conservatore (centro-destra) è passato da 156 a 2 deputati.

Liberali di destra, liberali di sinistra

Ma veniamo a un esempio. Il Partito liberale canadese, quello che ora governa, è storicamente il partito di centro-sinistra a livello nazionale. In British Columbia, lo Stato di Vancouver, il Partito Liberale della British Columbia è di centro-destra e dagli anni ’90 di fatto l’unico soggetto politico conservatore della politica statale (noi diremmo regionale). Quindi stesso nome e un’origine comune ma due creature totalmente separate.
Ma di esempi ce ne sono tanti. Di fatto in ogni Stato (noi diremmo Regione) il sistema di partiti è diverso, per conto proprio. L’attuale Partito Conservatore Canadese di fatto non si candida in nessuna elezione statale (regionale). Si occupa solo di questioni federali. E, spesso, vince le elezioni federali.

Veneti

Avviciniamoci. Niente aceri, qui abbiamo principalmente faggi, noccioli, olmi, tigli. E niente hockey su pista. Qui è terra di calcio, come quasi in tutto il resto del mondo (e si, di ciclismo e di rugby, che in Canada non mi pare proprio vadano tantissimo).
Ciò detto in Veneto ci sono tantissimi veneti. Che sono italiani, spesso si sentono italiani. Ma si sentono anche veneti. Giustamente, se permettete.

Patrioti veneti?

Negli ultimi anni una certa retorica e una positiva riscoperta delle nostre origini, ci ha fatto riscoprire una discreta identità veneta. Purtroppo siamo diventati orgogliosi di essere veneti dopo aver fatto a fette una campagna rigogliosa e aver dimenticato un oceano di tradizioni e di strutture sociali che costruivano la nostra comunità. Dal fare filò ai campi di grano, per troppo tempo è stata abbattuta una storia comune per fare spazio a un modello di sviluppo efficace (schei e magnare) ma non efficiente (distruzione dell’ambiente e del paesaggio, qualità dei servizi discreta ma francamente scadente se guardiamo alle ore lavorate dai veneti per fare i sopra citati schei). Quindi siamo diventati patrioti molto tardi, riscoprendo false tradizioni e ri-costruendo pezzi di identità in opposizione all’altro. Ne é nato un nazionalismo localista fondato sull’odio del diverso e alimentato dalla paura di una scomposizione sociale e comunitaria che stava avvenendo per ragioni ben diverse dall’arrivo di qualche foresto.

Orgogliosi?

Ed è qui che nasce spontanea la domanda: ma ha senso essere orgogliosi di essere veneti? La risposta breve è si. La risposta classica è: etica del lavoro, vocazione al commercio, voglia di intraprendere. Lo sappiamo. Fa parte delle nostre radici, della vita delle nostre famiglie. Fa anche parte del sedimentarsi di 400 anni di dominazione di uno dei più intraprendenti e gloriosi Stati marittimi, la Repubblica Serenissima.
Ma veniamo alla risposta più complessa: ha senso essere orgogliosi di essere veneti perché la nostra cultura e il nostro territorio sono unici. Unici dalla polenta e baccalà al Monte Baldo, dalle Dolomiti ai Bigoi co l’arna, dal tiramisú al Delta del Po, da Venezia a millemila altre cose. Unici, diversi. Non speciali. Non superiori. Non migliori. Unici. Diversi.
Io sono fiero di essere figlio di questa terra per le colline in cui ho camminato, i cibi che ho mangiato, le parole dense di significato del dialetto/lingua (per qualcuno è dialetto, per qualcuno è lingua, per qualcun altro – straniero in patria – è pure lingua straniera) che ho imparato passivamente. E questa fierezza mi porta a dire che serve proteggere il Veneto.

Proteggere il Veneto

Proteggere il Veneto da altro inutile cemento. Per riscoprire, scartavetrando, il profilo di un paesaggio spettacolare. Proteggere il Veneto da chi semina odio, ritrovando lo spirito contadino dell’accoglienza. Proteggere il Veneto da chi si immagina di costruire muri, sostenendo chi vive e da lavoro commerciando ed esportando. Proteggere il Veneto da chi vuole paesi senza comunità, impauriti e incattiviti. Costruendo nuove forme di stare insieme, anche riscoprendo le dolci radici dell’albero della tradizione. Partendo da quell’idea così fuori moda di coinvolgere i cittadini. Farli parlare di come vogliono i servizi, di quali paure hanno, di quali desideri si nutrono. Tutti hanno poco tempo, tutti sono chiusi in casa. Ma senza provarci, rimarremo senza speranza.

E, quindi, cosa ci serve?

Abbiamo bisogno di un nuovo soggetto politico veneto. Grande e libero. Di progresso e riformatore. A favore di politiche ambientali ambiziose, per curare la nostra terra. Per i diritti, per servizi migliori, per ricostruire le comunità locali. Un soggetto estremamente localista, perchè i problemi veri delle persone sono quelli che si vivono tra la propria casa, il proprio giardino e la propria strada. Ed estremamente patriottico, perché solo il senso di amore per il luogo dove si vive e la comunità in cui si vive permette di ridurre le paure e vivere serenamente.
Insomma, un soggetto politico veneto. Venetista. Qualcuno potrebbe dire di centrosinistra. Io direi di buonsenso, considerate le tante ferite che oggi soffrono le nostre comunità e il nostro territorio.
Questo soggetto politico potrà esistere solo se i tanti soggetti politici nazionali si ritireranno dalla sfida politica regionale. Mettendo a disposizione uomini (da candidare, da far correre) ed eventualmente mezzi. Ma ammainando bandiere nazionali e di parte. Liberali, socialisti, ecologisti, cattolici, democratici, progressisti, di sinistra, di centro. Ma, soprattutto (e sopra tutto), venetisti coraggiosi che vogliono proteggere e riparare il Veneto. Rammendare il nostro territorio e la nostra comunità. Con, per esempio, politiche sulla sanità, sull’urbanistica e sull’ambiente opposte a quelle dell’attuale governo regionale.

Ma cosa c’entrava il Canada?

L’esempio canadese potrebbe essere un possibile approdo finale. Oppure solo uno strumento parziale, da usare ritagliato alle esigenze della nostra storia politica. Ma il succo è che se vogliamo costruire finalmente un’opposizione al falso patriottismo (veneto o italiano che sia) della Lega e azzerare la loro retorica di legame con il territorio (che hanno devastato), servono meno partiti e liste romane e ancor meno liste del presidente. Serve un unico soggetto politico per rammendare il Veneto. Un soggetto coraggioso, una Comunità Veneta. Con radici fortissime e con la voglia di offrire nuovi frutti a questa terra e al suo popolo.